L’ultima sveglia di questo soggiorno veneziano, suona oggi qui nella mia camera in centro a San Polo. Ho ancora un paio di cose che voglio vedere prima di partire e alcuni pensierini da prendere, che però so già dove andare a comprare. Dopo una colazione con cappuccio e brioche, oltrepasso il Ponte degli Scalzi nei pressi della stazione ferroviaria e prendo a destra, giungendo dopo un centinaio di metri tra negozi, bar e ristoranti, al Ponte delle Guglie sotto cui ero passato con il vaporetto con cui andai a Murano, ma su cui ancora non ero passato a piedi. Qui, si entra nella zona di Canareggio e più precisamente si arriva direttamente nel Ghetto ebraico di Venezia.
A proposito di ghetto, non sono in molti a sapere che l’origine di questa parola è proprio veneziana e nasce nel XVI secolo quando “ghèto”, stava ad indicare la fonderia, da un passaggio specifico della lavorazione del metallo. Qui, in quest’aria delle fonderie, si era stabilita la prima comunità ebraica di Venezia che veniva identificata come ghetto, perché appunto gli ebrei vivevano nel quartiere delle fonderie.
Appena giunto in Campo de Ghetto Novo mi fermo qualche minuto su una panchina all’ombra, proprio davanti al Museo Ebraico che però è chiuso. Poco male, considerando che in passato ho visitato molti altri musei simili, i più famosi campi di concentramento e anche l’intero territorio israeliano in due diversi viaggi per un totale di quasi un mese di permanenza. Proseguendo trovo le sinagoghe, vedo diversi negozi con prodotti Kosher e oggettistica varia, giro un po per le calli che si trovano nei dintorni, fino ad arrivare, dopo un po, alla Chiesa della Madonna dell’Orto che ammiro da fuori, prima di entrare qualche minuto per visitarne l’interno.
A questo punto, con calma e senza fretta, ripercorro la strada a ritroso cercando di passare per vie diverse dalle precedenti, ritornando al Ponte davanti alla stazione, prendendo a destra nuovamente passando sul Ponte degli Scalzi, per dirigermi nei pressi del Ponte di Rialto, dove dovrei trovare il famoso mercato, che non sono mai riuscito a vedere nei giorni passati, perché si svolge solo di mattina, mentre io sono passato 3 o 4 volte al pomeriggio e 3 volte di notte. Il caldo e il sole, anche oggi non scherzano, ma per fortuna attraversando le calli si trovano molte zone di ombra e anche qualche spiffero di aria condizionata che esce dai negozi dandomi un po di refrigerio mentre percorro il tragitto fino al mercato.
Quando arrivo, lo trovo proprio sul molo del Canal Grande, nei pressi di Campo Cesare Battisti già Bella Vienna, ed è formato quasi interamente da banchi di pesce, frutta e verdura. Pesce freschissimo pescato nella notte al largo della laguna, con granseole, astici, gamberi, capesante e vongole che sono ancora tutte vive, insieme alla maggior parte degli scampi. Dai banchi della frutta e verdura invece, arriva l’intenso profumo delle pesche, delle fragole e dei meloni, anche se devo dire che tutti i tipi di frutta e di tutti i diversi venditori, hanno un bellissimo aspetto, tanto che mi butterei a capofitto per assaggiare tutto. Ne approfitto per scambiare qualche battuta con un pescatore, che mi conferma che il ghiozzo, pesciolino che ho gustato ieri nel risotto, è diventato un animale difficile da vendere ad alberghi e ristoranti e che quasi non si pesca più.
Lascio alle spalle il mercato quando sono ormai le 10:30 e in pochi metri sono davanti al negozio dove dovrei trovare uno dei regali che cerco. Dovete sapere che Carlo, il signore che ho accompagnato insieme a Paola nel viaggio a Barcellona di Novembre e a Praga di Gennaio e che trovate anche nei relativi articoli di questo blog cercando appunto Barcellona e Praga, è un grandissimo esperto e amante della storia, che può andare dalle dinastie e i faraoni dell’Egitto, agli Imperatori romani, compreso tutto ciò che è legato a vestiario tipico, simboli, armi dell’epoca, attrezzatura e chissà cos’altro. Quando andai a Roma, mi chiese di cercare qualche negozio dove poter trovare le spade usate nell’antico impero come Daghe o Gladi, oppure pugnali facenti parte della dotazione dei soldati come il Pugio, che io in effetti trovai, ma con cui sarebbe stato problematico presentarsi sul volo Alitalia del ritorno, sporgenti di 30 cm dal bagaglio a mano.
Qui a Venezia invece, conobbi il primo giorno che arrivai, il simpatico signore nella foto qui sotto, che vendeva proprio 3 o 4 tipi diversi di daghe e un paio di modelli di Pugio, oltre a tantissime altre cose da samurai, ninja ecc, con cui rimasi in parola per rivederci oggi, giorno della mia partenza, per prendere la daga dal fodero marrone, che è molto più veritiera e caratteristica, rispetto all’altra, di colore nero. (Non chiedetemi il perché, io sono esperto di viaggi, per gli egizi, greci o romani chiedete a Carlo). Una volta preparata la daga nel cartone, scocciata e imballata per bene, lo ringrazio, lo saluto e mi dirigo a 50 metri da li, nel negozio proprio sopra al Ponte di Rialto, dove ho preso la cravatta fatta a mano per mio papà.
Qui, dopo averlo visto l’altro giorno, sono certo di trovare un bel foulard con qualcosa di Venezia sopra, da regalare a Paola che, sempre molto freddolosa, lo userà sicuramente il prossimo inverno ma forse anche prima. Trovato anche quello, rosso, con in bellissimo dipinto di Canaletto, prendo ancora qualche calamita in un chiosco nella stessa zona e con foulard nel sacchetto e daga su una spalla come il badile dei contadini, torno verso l’hotel. Questa mattina, dentro al bar mentre facevo colazione, sono stato “illuminato” dalle parole del TGVeneto, che mostrava un servizio da Padova, dove oggi, 13 Giugno, tutti sono pronti ai festeggiamenti per la giornata di Sant’Antonio. Da qui l’idea, perché non vedere quello che manca, velocemente comprare i regali e poi in treno scendere un paio d’ore alla stazione di Padova dove comunque devo passare per tornare a casa e andare a trovare Sant’Antonio?
Ecco perché sono le 11.30 e io sono già pronto con la valigia fatta sulle spalle, la scatola con la daga che esce 40 cm da sopra lo zaino, il marsupio appeso al collo con cellulare, documenti e soldi, che mi dirigo a prendere il treno. Acquisto un biglietto che arriva fino a Padova e un secondo che invece arriva a casa, salgo sul regionale delle 11:40 e a 10 minuti a mezzogiorno sono a Mestre. Voi direte: Perché Mestre?? Perché il primo giorno che sono venuto a mangiare da Bepi Venesian, ho ordinato una vaschetta di sarde in saor da portare a casa, d’accordo che sarei passato a prenderle prima di partire, sulla strada verso casa. Prendo le sarde, le aggiungo al bagaglio, ritorno in stazione e alle 12:14 eccomi di nuovo sul treno che mi porta a Padova.
Qui, lascio il preziosissimo bagaglio alle 12:50 circa al deposito del binario 1, prendo il tram appena fuori dalla stazione e alle 13:15 raggiungo la Basilica di Sant’Antonio, dove trovo ad accogliermi una coda di persone che aspettano di entrare a visitare la Tomba del Santo, passando dalla Porta della Misericordia sul lato sinistro della chiesa. Mi aggiungo alla colonna di persone e più velocemente di quanto pensassi, in meno di 20 minuti, mi trovo al cospetto di Sant’Antonio. Consegno le offerte che amici e parenti mi hanno pregato di lasciare anche da parte loro, proseguo il percorso fino alla zona delle reliquie, prima di uscire nel cortile interno della basilica, prendere dei ricordini e uscire in Piazza del Santo.
Proprio mentre metto piede in piazza, le persone che già si trovano li, iniziano a battere le mani e a guardare in alto in direzione di un grosso elicottero dell’Esercito Italiano, che sorvola la piazza in cerchio, compiendo tre interi giri. E’ abbastanza in alto, ma si può notare bene che il portellone laterale è aperto. Non capendo di cosa si tratta e cosa stia facendo, chiedo a una signora intenta ad applaudire, che gentilmente mi spiega che si tratta dell’elicottero che trasporta la statua con all’interno una reliquia di Sant’Antonio, che volando sulla città la benedice. La statua che si trova sull’elicottero infatti, è quella che di solito viene portata nella processione annuale che si sarebbe dovuta svolgere oggi, se non ci fossero state le disposizioni sulla pandemia che ne hanno cancellato lo svolgimento. Per non saltare la consueta benedizione, si è trovata questa soluzione. Tra l’altro l’elicottero, ha anche sorvolato il paesino di Vo’, falcidiato dall’epidemia e gli ospedali della zona, che sono stati il luogo simbolo delle vittorie e delle sconfitte contro il Covid 19.
Tornando verso la fermata del tram con il quale intendo tornare in stazione, acquisto qualche Dolce di Sant’Antonio da 60gr e alle 14:40 sono di nuovo sul treno verso casa. Il viaggio prevede un cambio a Verona, dove prendo il regionale veloce fino a Milano Pioltello e da qui il suburbano diretto a Novara, dove arrivo intorno alle 18.45, sempre munito di sarde, daga e marsupio al collo. Inutile dire che è stata una grande esperienza quella di poter vivere Venezia quasi in solitudine, senza la calca tipica di tutte le città d’arte italiane quando sono prese d’assalto dai turisti e che nella laguna, rendono ancora tutto più difficile per via delle calli stretti e dei canali attraversabili solo tramite i ponti.
Spero poi, che anche questi reportage sulle mie giornate in città, possano avervi tenuto compagnia, fatto viaggiare un po con la fantasia e avervi dato qualche spunto interessante da sfruttare nei prossimi viaggi. Con l’occasione vi ricordo che se avete domande, avete bisogno di organizzare un’avventura particolare, volete qualche informazione specifica o per qualsiasi altra cosa, potete scrivermi all’email riccardo@hosting-plus.it, così che sarò lieto di rispondervi al più presto .
Grazie ancora per essere passati a trovarmi e sempre Buon Viaggio