La luce, inizia presto a filtrare dalla tenda della finestra della camera ma non mi da assolutamente fastidio, anzi, mi piace e mi rilassa ancora di più. Quando l’orologio segna le 9:15 però, mi alzo e mi preparo per la giornata, anche se non avendo un programma fissato, non so ancora cosa mi riserverà. Qui a Reykjavik comunque, anche il non aver nulla da fare è un lusso, perché ci si potrebbe recare alla nave vichinga Solfar a guardare il mare, oppure a Grotta per ascoltare i tanti uccelli cantare in direzione del faro, o ancora semplicemente gironzolare senza meta per le vie meno famose e conosciute della città, perché di certo in ogni una si trova qualcosa o qualcuno da vedere o da conoscere. La mia idea, avendo già fatto un po’ tutte le cose elencate sopra, è quella di recarmi all’ufficio del turismo che dista un centinaio di metri dall’ostello, per andare a cercare spunti, informazioni e qualche consiglio.
Appena entrato, un ragazzo con uno zaino abbastanza voluminoso e pesante, sta ricevendo informazioni da una delle due ragazze al bancone, mentre l’altra, essendo libera, mi fa cenno con una mano di avvicinarmi e mi accoglie con il tipico saluto islandese Góðan daginn!, (che si pronuncia “Gon taien”) e significa semplicemente buongiorno. Le dico letteralmente che non ho idea di cosa fare oggi, che ho fatto il whale watching, che ho prenotato tutti e 3 i tour con partenza da Reykjavik per i prossimi giorni, che sono già andato al faro di Grotta a Febbraio e 2 giorni fa, che sono andato sul campanile della Hallgrímskirkja e anche alla Secret lagoon. Sorride, mi dice che ormai sono quasi un islandese, essendo stato in città 2 volte nello stesso anno ed essendo andato ad ammirare tutte le bellezze naturali di cui loro vanno molto fieri e che amano nei dintorni di Reykjavik.
Mi dice però, che al mio elenco, manca ancora una cosa molto importante, i musei !! Appena pronuncia quella parola, mi scorrono in testa tutti quelli che ho incontrato mentre gironzolavo a piedi e che non ho ancora visitato. Strano, considerando che di solito sono un amante dei musei e dell’arte in generale. Le dico che ha perfettamente ragione, che è un’ottimo suggerimento e una volta selezionati i 4 musei più interessanti dal mio punto di vista, la ringrazio e decido di avviarmi verso il più grande e importante, il National Museum of Iceland. Per andare verso questo museo che si trova alle spalle del laghetto Tjörnin, passo davanti però a un altro museo che avevo segnato nell’elenco, la National Gallery of Iceland, che approfitto per visitare.
La galleria, in questo periodo e fino al 30 Agosto, ospita l’esposizione dell’artista svedese Mats Gustafson intitolata “Affrontare l’essenza”. Alla fine degli anni ’70, Gustafson, ha intrapreso la carriera di illustratore di moda internazionale e alla fine ha fatto la sua svolta sulla scena artistica. Si muove tra moda e natura e i suoi soggetti vanno da conifere e rocce nei paesaggi, ai cervi, ai volti segnati, ai bozzetti di moda e anche ai nudi. L’arte di Gustafson è sia elegante che sottile, le sue pennellate sono precise, non lasciano spazio a errori con luce e ombra che sono distribuite ritmicamente sulla carta. La mostra include anche tutte le opere più famose di Gustafson, realizzate con case di moda come Christian Dior, Comme des garçons, Yohji Yamamoto, Romeo Gigli e Yves Saint Laurent, per riviste tra cui Vogue e Harper’s Bazaar.
Non serve molto tempo per vedere la National Gallery e in poco più di mezz’ora, sono di nuovo in cammino verso il National Museum, che vedo già in lontananza alle spalle di un paio di alberi. Una volta giunto davanti al museo, non posso non ricordare la tanta neve che ne copriva il nome questo inverno, tanto da rendere persino difficile fare una foto decente e la vicina panetteria dove acquistai due meravigliose e buonissime brioche e un pane tradizionale islandese semplicemente divino. Ricordo anche che nevicava quel giorno, faceva freddo, ma tutto era meravigliosamente magico perché sapevo di essere finalmente in Islanda. Oggi invece c’è il sole, l’erba dei prati davanti è verde, fresca e a quanto pare anche buona, visto che 3 oche del vicino laghetto si sono spinte fino a qui per mangiarla e passeggiarci sopra con le zampette palmate.
Disposto su due piani, con due grosse e ampie sale, il National Museum of Iceland ripercorre la storia della nazione, dai reperti archeologici di oltre 2000 anni fa, fino ai giorni nostri. Più precisamente, il sito del museo, spiega così quello che si può trovare al suo interno:
“La mostra permanente del Museo Nazionale d’Islanda, Making of a Nation – Heritage and History in Iceland, ha lo scopo di fornire una panoramica della storia della nazione islandese dall’insediamento ai giorni nostri. L’obiettivo è quello di far luce sul passato degli islandesi inserendo il patrimonio culturale conservato dal Museo Nazionale in un contesto storico, guidato dalla domanda: cosa fa una nazione? La mostra comprende circa 2.000 oggetti, dall’età degli insediamenti ad oggi, oltre a circa 1.000 fotografie del XX secolo. E’ concepita come un viaggio nel tempo: inizia con la nave su cui i coloni medievali hanno attraversato l’oceano verso la loro nuova casa, si conclude in un moderno aeroporto, la porta degli islandesi sul mondo”
Intorno alle 13:45, dopo oltre 2 ore passate ad ammirare il riassunto della storia dell’Islanda all’interno di questo interessantissimo museo, esco per tornare verso il centro, passando per Tjarnargata, la strada panoramica che passa ad ovest del laghetto Tjörnin e che viene segnalata anche sulle guide come una delle più belle e iconiche strade cittadine. Appena imbocco il sentiero pedonale del lungolago, nei pressi delle statue del politico Ólafur Thors, dell’uomo seduto su una panchina nel parco e della scultura di Einar Jonsson, vedo sulla mia destra in acqua a circa un metro dalla riva, una bellissima anitra in piedi sopra ad un sasso affiorante, con la sua anitrina, che invece dorme coricata su un fianco. Mi avvicino piano, fino ad arrivare sulla riva sotto l’occhio attento della mamma che mi osserva, per scattare alcune foto davvero bellissime, prima di allontanarmi altrettanto lentamente senza spaventare nessuno dei due.
Faccio pochi metri e vedo un gran numero tra anitre, oche e altri uccelli, che nuotano velocemente uno in fila all’altra come una processione, tutti diretti a un centinaio di metri avanti a me, dove un nonno con il nipotino, sono arrivati carichi di un sacchetto di pane per dare da mangiare agli animaletti che popolano questo laghetto e loro certo non vogliono farsi attendere. Nel giro di poco, arrivo anch’io vicino a loro, mentre uccelli da tutto il lago, sono ormai qui, tanto che oche, anitre, cigni, passerotti e altri uccellini fanno a gara per accaparrarsi uno dei pezzetti di cibo che nonno e nipote gli stanno lanciando. Avevo già assistito e partecipato a questo bel passatempo a febbraio, dove avevo anche avuto la fortuna di essere avvicinato da una giovane oca che, stando seduto su un muretto, mi toccava da dietro una spalla col becco, per avere altri pezzetti di pane direttamente dalla mia mano. Resto ancora un po ad osservare quello spettacolo non potendo non notare anche i tanti e bellissimi fiori che adornano le aiuole e le rive del Tjörnin, prima di percorrere i 300 metri circa che ancora mi separano dalla piazzetta con i chioschi degli hot dog.
Gli hot dog qui a Reykjavik, specialmente quello nella versione islandese, sono molto apprezzati e consumati durante il pranzo dai tanti turisti in città, per via soprattutto del suo relativamente basso costo, in proporzione a quello che si spenderebbe nei ristoranti o nei vari locali cittadini. Il suo prezzo infatti, è di 490 ISK che corrispondono a poco più di 3 euro. Io ad esempio, preferisco godermi la cena, al tavolo di un ristorante, piuttosto che il pranzo, perché a fine giornata si ha più tempo e si è più tranquilli. Mediamente poi, in un locale islandese, il costo per una portata qualsiasi normale, va dalle 2000/2500 ISK (15€) fino anche a più di 5000 ISK (31€) perciò risulta dispendioso andarci due volte al giorno.
Giunto in piazza intorno alle 14:30, mangio un paio di panini con una coca, mentre cerco nel marsupio il foglio che mi ha lasciato la ragazza dell’ufficio del turismo, con segnati i musei, per vedere cosa avevo sottolineato oltre ai due che ho già visitato. Il terzo che ho segnato, è il Museo d’Arte, che si trova proprio a un centinaio di metri da dove mi trovo. Mentre do un’occhiata al cellulare prima di ripartire però, mi cade l’occhio sulla data, “Sabato 1 Agosto” che appare sulla schermata di blocco del mio IPhone. E’ da quando sono arrivato che aspetto il week end per poter tornare a visitare il bel mercato di Kolaportið che si tiene solo il Sabato e la Domenica in un edificio davanti al porto e oggi, che finalmente ha aperto, mi stavo dimenticando di andarci. Per di più, domani, sarò in escursione tutto il giorno mentre la settimana prossima sarò a casa.
Decido quindi che per oggi, i due musei possono bastare e mi reco al vicino mercato, che si trova al numero 19 di Tryggvagötu, anche perché è un ottimo luogo dove trovare souvenir fatti a mano con materiali locali. Se è rimasto com’era questo inverno, è formato da 3 diverse categorie merceologiche: i prodotti nuovi, con quelli artigianali e fatti a mano, i prodotti alimentari di carne, pesce e dolci e i prodotti di seconda mano, usati, per collezionisti o da lavoro. Qui in pratica, si può trovare di tutto, per qualsiasi gusto e tasca ma soprattutto questo è l’unico mercatino delle pulci dell’intera nazione.
Girando qua e la, ho acquistato due collanine, una in vetro colorato e una fatta in pietra lavica, ho assaggiato del salmone affumicato con e senza spezie, ho guardato i prodotti di decine di banchi per collezionisti d’antiquariato e prodotti vari, ho bevuto quasi un litro di latte fresco prodotto dalle mucche di una fattoria poco fuori Reykjavik e ho acquistato un trancio di carne di balena che ho intenzione di cucinare questa sera nella sala comune dell’ostello. In più ho fatto tante belle foto a prodotti e articoli, di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza.
Finita la visita al mercato e dopo oltre 2 ore, torno in strada quando l’orologio segna le 17:40. Mi avvio verso l’ostello per fare una doccia, rilassarmi un po e cercare di cucinare la balena per assaggiarla. Come di consueto, una volta finito di lavarmi, punto la sveglia per le 20:30 perché so già che se mi metto nel letto, mi addormento in brevissimo tempo. Infatti non sbaglio, visto che dopo quelli che mi sembrano 5 minuti, suona per invitarmi ad alzarmi in fretta, perché per le nuove disposizioni nazionali date dall’emergenza covid, i luoghi comuni degli ostelli e degli hotel, devono essere chiusi alle 21 e se voglio usare la cucina devo fare in fretta.
Salgo al 4° piano, preparo la padella, ci verso un filo d’olio, taglio un pezzettino di carne per assaggiarla cruda e metto l’altra a cuocere. Il suo gusto è molto simile al fegato quando è cruda, mentre una volta cotta, la gusto al naturale con solo un pizzico di sale e il suo gusto ricorda molto la carne di cavallo. Personalmente non l’avevo mai assaggiata e sempre personalmente ritengo che non sia nulla di speciale, anzi, è un piatto dei tempi in cui in Islanda non c’era nulla di più di quello che la terra e il mare offrivano. Ora però, che neanche più gli islandesi mangiano la carne di balena, mi sembra una pietanza assolutamente inutile sia per salvaguardare l’animale e sia perché non da nulla di particolare in cucina.
Poco dopo aver finito di cenare, mi raggiunge anche Maddalena nel corridoio davanti all’ascensore dove mi sono sistemato, dopo che la sala comune è stata chiusa. Rientrata dal suo tour di oggi, deve preparare i programmi per i prossimi giorni e dopo un’oretta tra ricerche online e chiacchiere scendiamo in strada dove può fumare una sigaretta prima di andare a dormire. In quel momento, si trova a passare di li Andrea con l’altro ragazzo che abbiamo conosciuto ieri sera e che stanno andando a mangiare un hot dog e bere una birra, perché rientrati anche loro tardi dalla loro escursione.
Maddalena proprio non ha voglia di unirsi perché stanca preferisce andare in camera, mentre io ne approfitto e mi unisco per passare dell’altro tempo in giro per la città. Dopo il panino, andiamo al pub dove mi aveva accompagnato Antonio e dopo un paio di birre, quando ormai il barista ci avvisa che è costretto a chiudere, torniamo verso i nostri alloggi e in prossimità del mio ostello ci salutiamo e ci diamo appuntamento per domani sera, quando potremmo andare a cenare tutti quanti insieme. Salgo le scale, entro in stanza, trovo due ragazzi nuovi, olandesi, che devono andare in aeroporto domani mattina presto, mi cambio e mi metto nel letto puntando la sveglia perché io invece, alle 8:30, dovrò essere davanti all’Hard Rock Cafè per la partenza del mio tour.
Iniziata senza programmi, la giornata si è trasformata in un insieme di esperienze positive, luoghi, insegnamenti, amicizie e scoperte. Domani poi e per 3 giorni, incontrerò un mix di tutte le bellezze e le potenze che la natura sa evocare e creare in questa isola persa nel bel mezzo dell’oceano e del freddo nord. Ora però, nel ringraziarvi per l’attenzione che riservate ai miei diari di viaggio, spengo la luce e dormo, perché domani sarà una giornata intensa, nella penisola di Snaefellsnes.
Buona Notte.