Buongiorno a tutti, sono le 11:00 e mi trovo già all’aeroporto di Londra Luton, seduto in una grande sala d’attesa circondato da negozi e ristoranti, in attesa che sul tabellone venga esposto il numero del gate, da dove, dopo aver viaggiato da Milano a qui, mi imbarcherò alla volta dell’aeroporto internazionale di Keflavik, da dove poi, con circa 50 minuti di bus, mi recherò in centro a Reykjavik. Mi sono messo a scrivere la prima parte di questo reportage quotidiano, perché il volo che aspettavo per le 14:30, in realtà, per un ritardo, partirà intorno alle 16:15.
Da Londra, sono 3 le ore di volo per raggiungere l’Islanda, e una volta percorsi anche i chilometri in pullman, raggiungo la fermata 1 in Vonarstaeti, che dista 400mt dal mio hotel, quando sono ormai quasi le 20:30. Appena sceso dal bus, si apre davanti a me uno spettacolo che mai ho visto in tanti anni e tante avventure in giro per il mondo. Tutto è illuminato dalle luci artificiali sulle case e lungo le strade, le case colorate ognuna di un colore diverso, la neve che fa sembrare tutto ancora più magico e natalizio, anche se siamo ormai a fine Febbraio. In quei 400 metri, mi è sembrato di camminare nel villaggio di Babbo Natale, o forse meglio dire , in un villaggio che fino ad allora, era esistito solo nella mia fantasia e non credevo potesse esistere davvero.
In breve tempo, accedo alla mia stanza, grazie alle indicazioni che mi ha inviato la reception dell’hotel, per poter fare il check in automatico e ritirare la mia card magnetica, in quanto il personale dell’ufficio, stacca alle 20
Appoggio il mio zaino da escursionismo in una stanza da 4 letti nella parte ostello dell’hotel, dove già c’è Brian, un ragazzo americano che lavora in Inghilterra, e con il quale faccio quattro chiacchiere mentre mi vesto con abbigliamento più indicato al clima islandese, e soprattutto mentre cambio le mie Brooks, con un paio di Salomon Supercross GTX in Gore-Tex, acquistate apposta per l’occasione, munite di scanalature e tasselli, che fanno presa sia nella neve che nel ghiaccio e con le quali mi troverò benissimo per tutto il tempo del mio viaggio qui a Reykjavik.
Sono ormai passate le 21.30, quando finalmente esco dall’hotel, con l’obbiettivo di andare semplicemente in giro a zonzo, senza meta, per prendere un po di famigliarità con le zone che circondano il mio punto di riferimento principale, per tutti i giorni che rimarrò qui. Percorro 3 o 4 chilometri andando su e giù per le vie del centro, passando davanti a tante vetrine di negozi ormai chiusi, a ristoranti che servono i clienti seduti ai tavoli, e a pub affollati di gente che chiacchierando, si beve qualche pinta o ottima birra.
In mezzo alla piccola piazzetta Ingolfstorg, circondata da locali e negozi che si trova proprio vicino al mio alloggio, e in quello che è il centro turistico e principale luoghi di incontro serale per i giovani in città, mi fermo davanti a un chiosco che prepara panini, e più precisamente, tra gli altri, anche l’Icelander Pylsa, degli hot dog famosi qui in città, e fatti con wurstel, cipolla essiccata croccante, ketchup, senape dolce e maionese. Conosco già questo hot dog, per averlo letto un po qua e la in un po tutti i blog e articoli che parlano dell’Islanda, perché è il cibo preferito da chi, purtroppo, non può permettersi di accedere tutti i giorni o in tutti i pasti, ai proibitivi prezzi dei locali e ristoranti della città, soprattutto tra i turisti più giovani.
L’icelander Pylsa infatti, è ottimo per un pranzo al volo quando si ha poco tempo e si hanno ancora un sacco di cose da fare e da vedere, e alla sera, se acquistati in chioschi chiusi con possibilità di stare all’interno al caldo, possono diventare un’ottima alternativa alla cena, spendendo cifre accessibili a tutti. Un panino infatti, ordinato da solo, ha un prezzo di massimo 490 corone, l’equivalente di 3.50 euro, che salgono a 770 corone, circa 5.50 euro se ordinato con una bibita. I più esigenti, come me, che fanno fatica a fermarsi al secondo Hot dog, di solito non spendono mai oltre i 12 euro contro i 15-20 euro che costa un piatto islandese medio, in un ristorante, senza considerare le spese accessorie e le bevande.
Finito di mangiare, quando l’orologio segna già le 23:30 e la stanchezza inizia e farsi sentire, dopo lo stress di un’intera giornata in viaggio, e dopo la strada percorsa, in una fredda serata invernale islandese, passo davanti a un locale che si chiama The Dubliners, in Naustin 101, che fa proprio al caso mio, rientrando alla perfezione in quelli che sono in miei gusti in quanto a Pub e decido di entrare.
Qui, una bellissima ragazza di non più di 25 anni, che poi scopro essere polacca, di Cracovia, mi accoglie con un gran sorriso chiedendomi cosa voglio bere. Le chiedo consiglio su quelle che sono le birre tipiche islandesi, e mi suggerisce di provare la Boli o la Gull, che sono tra le più richieste in assoluto. Vada per la Boli, tanto posso sempre provare l’altra domani sera, quando verrò di nuovo qui, a scrivere i miei articoli, visto che questo posto mi piace davvero molto, e si respira una bella atmosfera.
Faccio quattro chiacchiere con un paio di ragazzi e una ragazza al bancone, e ordino un’altra Boli, prima che si facciano la 2:00 e il locale chiuda. Non mi resta quindi, che dirigermi verso il vicino hotel, farmi una doccia, e mettermi a dormire, ansioso di poter uscire domani mattina, per un’intera giornata di avventura alla scoperta di Reykjavik. Grazie per essere stati in mia compagnia anche oggi, all’inizio di questo nuovo viaggio e nell’attesa di rivedervi qui anche domani, vi saluto, e Góða nótt a tutti.